ARticoli

L'esperienza di un medico malato

La dimensione spirituale nelle cure palliative

Redatto da: Alessandra Moretto e Luigi Romano

Introduzione

Già dagli anni '90, i centri accademici di medicina, le scuole infermieristiche, i gli enti residenziali, gli ospedali hanno iniziato a riconoscere il ruolo delle cure spirituali come una dimensione delle cure palliative. Un corpus crescente di letteratura, così come l'attenzione della stampa ha aumentato la consapevolezza e le domande sul ruolo della spiritualità nell'assistenza sanitaria. I sondaggi hanno dimostrato che la spiritualità è un bisogno del paziente che influenza il processo decisionale dell'assistenza sanitaria e che la spiritualità influisce sui risultati dell'assistenza sanitaria, compresa la qualità della vita. Le credenze spirituali e religiose possono anche creare angoscia e aumentare gli oneri della malattia così come possono aiutare a lenire o dissipare le sofferenze.

Gli studi hanno sollevato questioni critiche e aiutato a dare risposte e maggior chiarezza in questo ambito, come la necessità di una definizione comunemente accettata di spiritualità, l'applicazione appropriata delle cure spirituali in contesti di cure palliative, chi dovrebbe fornire le cure spirituali, il ruolo delle cure sanitarie nelle cure spirituali e i modi per aumentare il rigore scientifico intorno alla ricerca e alla pratica della spiritualità e della cura spirituale. Questi interrogativi e l'attuale quadro di grande variabilità nelle proposte di cure spirituali come componente delle cure palliative hanno aumentato la necessità di definizione sempre più puntuale al fine di garantire un’assistenza di qualità.

Nella realtà sanitaria del Canton Ticino, può capitare entrando in un reparto di cure palliative, di imbattersi in una figura professionale, deputata alla cura spirituale di chi sta affrontando un percorso di malattia a prognosi infausta o di chi è alle prese con la parte finale della propria vita e con la realtà del morire. Queste esperienze di solito sconvolgono l’interezza della persona e di chi sta loroaccanto, scuotendo spesso sin alle fondamenta gli elementi costitutivi dell’essere.

Sempre più ricerche, convegni e linee guida hanno confermato l’importanza delle risorse spirituali per affrontare il percorso di malattia a prognosi infausta o per far fronte all’evento del morire. Oltre all'evidenza empirica e ai sempre maggiori contributi teorici, sono soprattutto l'esperienza del paziente e della famiglia che confermano un ruolo primario alla spiritualità e alla consulenza spirituale nella cura dei pazienti, in particolare quelli con malattie croniche e complesse a prognosi infausta. Le recenti linee guida cliniche riconoscono obbligo etico di tutti gli operatori sanitari di alleviare il dolore e la sofferenza, siano essi di natura fisica, psicosociale o spirituale.

Ma è l’approccio palliativo quello che maggiormente pone in evidenza la dimensione spirituale considerandola non solo una dimensione complementare ma in interazione con le altre tre influendo con sintomi somatici, reazioni psicologiche e relazioni sociali.

La sofferenza esperita in un letto d’ospedale, nelle parti finali della propria esistenza, non può essere gestita da un intervento a senso unico, poiché comporta un dolore esistenziale che ha a che vedere con sentimenti, pensieri, credenze ideologiche e soprattutto il rapporto con l’altro da sé: il mondo e il trascendente. È un tipo di dolore totale, che nelle cure palliative solitamente viene definito come sofferenza globale che investe l’interezza della persona nella sua sfera emotiva e psicologica, filosofica e spirituale.

L’impatto con una malattia grave a prognosi infausta riporta in modo progressivo o, in alcuni casi in modo fulmineo, alla provvisorietà dell’esistenza umana provocando il più delle volte uno sconvolgimento dei capisaldi su cui la persona ha costruito la propria vita. Tale sconvolgimento non attiene soltanto agli adattamenti, ai limiti e alle rinunce che la condizione di malattia impone bensì al confronto ineffabile e tangibile con tale prognosi che rende più vicina la realtà del morire. Il paziente, quando non nega o non si perde in mondi irrealistici, seppur più sopportabili, si trova a ridefinire, spesso molto in fretta le proprie aspettative, le proprie convinzionie la scala dei valori fondanti.

Tali circostanze, infrangono una quotidianità fatta di abitudini e di stili di vita, di progetti e di sogni che generano molto spesso crisi profonde inerenti la fragilità delle credenze personali, i valori esistenziali che hanno determinato scelte e condotte di una vita, il dubbio sul proprio credo religioso o sulla propria filosofia di vita.

La sofferenza spirituale 

Queste situazioni rappresentano una minaccia all’integrità della persona che può portare ad una condizione di sofferenza spirituale. “La sofferenza spirituale è una crisi nel senso di un cambiamento improvviso caratterizzato, tra l’altro, dal crollo dell’identità spirituale. Essa rimette in discussione i valori e la trascendenza sino allora vissuti e tronca ogni ricerca del significato della propria vita. Inoltre mette in dubbio il valore che il paziente attribuisce alla sua dignità.”

Al malato in cui si manifesta una crisi spirituale/esistenziale è fondamentale che un operatore competente possa fornire l’ascolto in un luogo adeguato econ il tempo necessario.

Durante questo ascolto è di massima importanza favorire un incontro intimo e profondo, dove il paziente possa sentire accolti i suoi bisogni spirituali o possa, insieme a chi lo accompagna, provare a definirli. Le aree che esprimono la sofferenza spirituale del malato sono molteplici e un intervento mirato deve saper individuare i bisogni spirituali soggiacenti.

Possono essere d’esempio:

Ricerca di significato della vita e delle esperienze vissute, ricerca di un senso a quanto accade nel presente

«Che senso ha la mia vita adesso? Perché proprio a me? Perché proprio adesso»?

Riconciliazione (perdonare séstesso, perdonare altri, sentirsi perdonati)

Di fronte a sentimenti di colpevolezza, d’incapacità ad accettare ciò che sta accadendo o di accettare il passato, attivare le risorse per riconoscere le parti positive della propria esperienza esistenziale e non focalizzarsi solo su quanto viene percepito come fallimentare.

Continuare a sperare (una speranza che non riguarda esclusivamente la possibilità di guarigione dalla malattia) 

Sentire degli alleati che possano agire affinché possa soffrire il meno possibile; possa non morire solo; condivisione sul fatto che continuerà a vivere nella mente di coloro che egli ha amato.

Prendere decisioni morali appropriate (decisioni etiche riguardanti la famiglia, gli affari, le situazioni irrisolte. Scelte circa le terapie, la sedazione).

Rispondere a interrogativi esistenziali.

Cosa accadrà alla mia morte? Cosa c’è dopo? Il dubbio del credente e del non credente.

Dire addio in maniera serena a persone, animali a cose e a progetti.

Di fronte a queste istanze il consulente spirituale opera in modo professionalmente orientato, fornendo il supporto adeguato a seconda dell’area di bisogno.

Di fronte a una perdita di significato si sosterrà nel collegare la situazione presente ai valori che sono sorgente di significato e ad una ricerca di senso del qui ed ora.

Si accompagnerà alla rilettura della vita passata per elaborare un bilancio di quanto si è vissuto e compiuto. Un nuovo sguardo per valorizzare ed accettare, con i limiti, il passato.

Rispetto alle scelte di natura morale, si procederà nell’aiutare la persona a comprendere la propria scala di valori.

Mentre per quanto concerne il saluto si faciliterà il paziente a condividere il proprio vissuto nei confronti delle persone con le quali ha condiviso la propria vita. Cio’ con un obiettivo benefico non solo per chi parte ma anche per chi rimane.


Bisogni religiosi

«Dio mi ha abbandonato; non riesco più a pregare; ... se quello in cui ho creduto non fosse vero? Non riesco più a celebrare il culto; da quando sono ricoverato/a non riesco piùad andare nella mia chiesa e ad incontrare la mia comunità»

Se la persona lo desidera, metterla in contatto con il proprio ministro di culto.

Riconciliazione, perdono divino, riti religiosi/sacramenti, letture, discussioni su Dio, l’escatologia o la vita eterna 

Tutte istanze che la persona esprime in fatti o parole.

Per poter operare in tal senso, è necessario che chi si occupa di assistenza spirituale, sappia coniugare l’incontro profondo con l’interiorità di chi porta questa sofferenza con la propria competenza nell’ambito spirituale. Ambito in cui, ogni tentativo di definizione, seppur necessario, pare non rendere fino in fondo,comese il cercare di definirlo fosse destinato a deludere e tradire il senso profondo dello scambio.

Ma che cosa si intende per spiritualità?

Il termine “Spirito” che nella sua etimologia ha a che fare con “respiro” e/o “soffio”, mira in tutte le filosofie a esprimere un quid che concerne la vita e le dà senso, qualcosa che anima, che vitalizza ciò che è materiale, fornendogli al tempo stesso significati e scopi. In tutta la moderna letteratura sulla spiritualità le definizioni che se ne formulano dicono in estrema sintesi che essa è l’insieme di ciò che è l’essenziale di quanto è compreso nel termine vita: riflessioni sulla sua origine (naturale o creata), il suo senso o destino, l’immanenza o trascendenza, la finitezza o l’eternità.

Il campo quindi è vasto e molto complesso e per propria natura poco esauribile con definizioninette. Anche i contesti della cura hanno cercato di dare una definizione di spiritualità, come ad esempio la Task Force Europea Spiritual care in palliative care, Utrecht, Olanda, 11 ottobre 2010, dove un’assemblea di 15 persone di diversi paesi hanno elaborato una definizione su cosa si intende per spiritualità.

“La spiritualità è la vita dinamica della vita umana che concerne il modo in cui le persone (individui e comunità) sperimentano, esprimono o cercano senso, scopo e trascendenza e il modo in cui si rapportano al momento presente, a séstessi, agli altri, alla natura, a Dio e a ciòche di significativo e/o sacro”. In questo senso la dimensione spirituale abbraccia le sfide esistenziali, i valori di base e le condotte da essi scaturite (etica e morale), i fondamenti religiosi.

Un altro esempio di definizione di spiritualità, emerso dal lavoro nelnostro ambito territoriale, è il documento Bigorio 2008, dove un insieme di esperti di diverse professionalità - medici, infermieri, consulenti spirituali, volontari – si è espressa in tal senso:

“La spiritualità compenetra ogni dimensione della persona. Essa riguarda la sua identità, i suoi valori, ciò che dà significato, speranza, fiducia e dignità alla sua esistenza e si esplicita nella relazione con sé stesso, con il prossimo e con quanto trascende la natura umana (Dio, l’Essere Supremo, il mistero ...). Appartengono a questo contesto anche le domande che nascono dalla malattia e dalla finitudine della vita e gli elementi di risposte individuali e collettive che rappresentano una risorsa per la persona malata. Pertanto, se la spiritualità è un elemento costitutivo dell’essere umano, appare impossibile, a livello teorico e pratico, racchiuderla in una definizione universale. La sua espressione è correlata al contesto personale, sociale e culturale di chiunque se ne occupi. La spiritualità non è una questione puramente religiosa. Ogni religione esprime, in riti strutturati e tradizionali, solo una parte della sfera spirituale. Nessuna però può ambire ad occuparla interamente.

Pur nelle differenze di queste definizioni sembra ci siaintesa nel collocare la spiritualità nella ricerca di senso dell’essere, ricerca che si esprime con domande universali (Da dove veniamo? Dove andremo e dove andiamo?) e che girano attorno all’ipotesi di un prima di un dopo,e dove si accosta l’elemento di senso alla trascendenza, a un aldiquà e a un aldilà.

Le religioni che da sempre hanno affrontato queste domande hanno tra esse in comune la convinzione di poter raggiungere le risposte a tali domande, di poter conoscere o partecipare al mistero del Principio o della Fine del Tutto. Ma il rapporto di tutte le civiltà, dell’umanità nella sua interezza, con il mistero e con la verità, con il terrore suscitato dal nulla e l’inquietudine delle domande a cui non si trovano risposte è mutato nella storia e oggi appare considerevolmente diverso.

Nel termine spiritualità trovano spazio un’infinità di concezioni differenti, talvolta anche contraddittorie. Assistiamo infatti ad una pluralità di visioni rispetto alla spiritualità e questo, ancor più oggi in un contesto multietnico, multiculturale e globalizzato che mettea confronto l’assolutismo della verità di un solo credo e genera spesso la diffusione di sistemi confessionali o di visioni teologiche/esistenziali nuove. In questa situazione di pluralità, ci si trova di fronte a diverse concezioni che distinguono una spiritualità confessionale di tipo religioso (determinata dall’adesione ad un particolare credo religioso) da un’altra che potremmo definire esistenziale.

Quando lo spirituale trova la sua sorgente e le sue risposte in una fede e si esprime attraverso un particolare sistema di credenze, simboli, riti, persone che fanno da mediazione tra Dio e l’uomo, possiamo parlare di spiritualità religiosa, che assume connotazioni specifiche a seconda del credo religioso in cui è inserita (religione cristiana, ebraica, induista, mussulmana...).

Le religioni incarnano sistemi storici che le varie culture umane hanno proposto come modello di relazione con la divinità.

Si tratta di una scelta rispetto ad una specifica religione storica, una dottrina definita e orientata, che offre ai credenti una scala di valori finalizzata a rispondere ai grandi interrogativi dell’umanità. Prevede sempre l’esistenza di una comunità che si sostanzia con l’appartenenza ad un gruppo che costituisce lo spazio adeguato per le celebrazioni rituali e le forme di sostegno materiale e spirituale. Inoltre la religione fa ricorso al linguaggio simbolico con ritualità che le sono proprie.

Quest’ultima può essere intesa come l’insieme delle convinzioni, dei valori e delle aspirazioni, che contribuiscono al tentativo dell’uomo di definire in modo unitario e lineare la propria vita, orientando attraverso le sue scelte e decisioni il suo modo di essere nei confronti della realtà. Ne consegue che la spiritualità, qualsiasi forma essa assuma, appare come una dimensione essenziale dell’uomo, che è al centro e fonda tutte le altre dimensioni fisica, psichica, affettiva della persona. Gli orientamenti valoriali, le domande sul senso della vita e della presenza al mondo, il rapporto personale con la trascendenza o la negazione di esso rientrano nella sfera spirituale.

Tutto ciò ovviamente può essere presente a diversi gradi di intensità durante tutta l’esistenza ma nella maggior parte dei casi, si accentua nei periodi di crisi e specialmente nella vicinanza alla morte.

Le risorse spirituali

Rendere possibile che l’esperienza dolorosa, un’infermità invalidante possano trasformarsi in momenti esistenziali di grande vitalità può’ accadere dove è possibile contattare e sostenere le risorse spirituali.

In queste condizioni di buio e disorientamento, non è raro che emergano nuove forze, nuovi modi per adattarsi alla condizione presente e che attingono alle risorse spirituali piùintime e personali. In molti casi, là dove si tocca in modo molto reale la fragilità, può trovare posto la capacità di reagire ricomponendo sotto nuova luce i pezzi di un’esistenza che viene riletta con significati che restituiscono il senso di una vita, di una scelta, di un credo.

Il senso di un accompagnamento spirituale sta proprio nel sostenere i personalissimi percorsi di ricerca e introspezione verso le proprie risorse interiori. Per far questo oltre ad una presenza rispettosa e delicata dell’altro è fondamentale la capacità di entrare in relazione con l’altro per dialogare ed aiutarlo a dialogare non solo con la propria paura ma con le pieghe della paura, non solo con la propria sofferenza ma con le pieghe della sofferenza per sostenere un percorso che accompagni nella sofferenza senza subirla o lasciarsene sopraffare.

Il benessere spirituale

Vista come uno spazio di relazione nell’ intimo della persona, la spiritualità può costituire o divenire una risorsa importante per il paziente. Non è raro che, in una situazione palliativa, i pazienti riscoprano il potere della spiritualità che spesso si esprime con:

- una speranza realistica che non sia solo desiderio o illusione;

- un significato attribuito all’ esistenza: le esperienze di vita, nei momenti belli o difficili, hanno o hanno avuto un senso;

- il riconoscimento della propria finitudine; il paziente può così accettare più facilmente i suoi limiti, portare a termine qualcosa di incompiuto e scrivere l’ultimo capitolo della vita;

- il credo in un’esistenza ultraterrena sia nella speranza della trascendenza dove la morte rivela un’altra realtà, un mistero cui il malato può affidarsi sia nel senso di trasmettere qualcosa a chi sopravvive: una testimonianza, un ricordo, qualcosa di materiale che costituisca una memoria.


RACCONTO di UN CASO

Come non esiste un'unica definizione di spiritualità così non è possibile racchiudere ed esemplificare in poche parole l’operato di un consulente spirituale. Ogni incontro, ogni relazione e ogni accompagnamento è unico ed irripetibile poiché nasce proprio dalla relazione tra due dimensioni spirituali che entrano in dialogo. Quello che resta nella memoria del consulente è un volto, una storia, delle emozioni e dei sentimenti ed un tratto di strada percorso insieme. Lea (nome di fantasia) era una paziente che giungeva dal suo domicilio, dove viveva con suo marito, un cane ed un gatto, nel reparto di cure palliative per impossibilità di gestione, scadimento delle condizioni generali e progressione della malattia (un adenocarcinoma intestinale metastatizzato).

Fondamentale nella presa in carico della paziente è stato l’approccio interdisciplinare cha ha coinvolto tutte le figure curanti. La raccolta dei dati e l’ascolto biografico hanno mostrato una paziente con un forte distress spirituale ed esistenziale riconosciuto come un “dolore globale” (Total Pain) senza un chiaro baricentro ma che coinvolgeva appunto tutte le quattro sfere esistenziali (fisica, psicologica, sociale e spirituale). Una maculopatia non curata le aveva ridotto quasi totalmente la vista dandole una sensibilità alla luce che le richiedeva di indossare sempre occhiali scuri. A causa delle metastasi epatiche Lea presentava sintomi come stanchezza, perdita di peso e di appetito, nausea, ittero e confusione mentale. Nel colloquio di accettazione in reparto Lea confida all’infermiera che ha paura e che le manca molto la sua musica, la compagnia del suo cane e del suo gatto. Avrebbe voluto pregare ma non ricordava più a memoria le preghiere e non riusciva più a leggerle. Avrebbe voluto tanto rivedere un film che aveva accompagnato la sua gioventù (Via col vento) e sentire ancora di poter donare qualcosa al mondo. La sua unica figlia vive lontana ed ha perso i contatti. Cosa ne sarà di me? Come potrò farmi perdonare? Sono le sue ultime parole consegnate all’assistente di cura prima di addormentarsi. Da questo esempio si può avere un’idea approssimativa della complessità del mondo spirituale di una persona e della necessità di un intervento interdisciplinare globale in cui sia inserita la presa in carico della dimensione spirituale.

In che cosa consiste questo accompagnamento?

Molto spesso oggi, nelle aree geografiche del Canton Ticino, dell’Italia, della Spagna e del Portogallo, l’attività dell’accompagnamento spirituale viene confusa o erroneamente sovrapposta alla figura del cappellano ospedaliero. Il servizio a cui spesso risponde è limitato al servizio sacramentale e risulta essere un servizio nella maggior parte dei casi, usufruito dai malati di fede cattolica. Nei paesi anglosassoni, invece, ormai da tempo l’assistente spirituale non coincide necessariamente col cappellano o con il pastore, ma è una persona con una preparazione specifica in questo ambito e che può operare a più ampio spettro. Alla base culturale di questo contesto, si ispira il mandato del consulente spirituale dei reparti palliativi attivi in Ticino, ovvero l’Unità di Cure Palliative di Bellinzona, il Reparto di Cure palliative dell’Ospedale Italiano di Lugano e i progetti di cure palliative integrate presso gli ospedali San Giovanni di Bellinzona, Civico di Luganoe l’ospedale di Locarno. All’esterno abbiamo il reparto di cure palliative geriatrico degli Istituti sociali di Chiasso e quello della Clinica Varini di Orselina e, per quanto riguarda la presa in carico domiciliare attraverso la collaborazione delle 4 sedi della Fondazione Hospice Ticino. In questi ambiti le competenze principali richieste a tale consulente sono: saper stabilire relazioni efficaci con i pazienti e i loro familiari, il personale o gli accompagnatori spirituali esponenti di confessioni religiose; essere in grado di identificare e rispettare il quadro in cui la persona vuole situare il proprio ‘dibattito spirituale’; saper operare una diagnosi spirituale della situazione vissuta dal paziente e di conseguenza approntare un piano di cura spirituale che potrà essere condiviso con tutti i professionisti dell’équipe curante; collaborare con i colleghi in caso di problematiche etiche emergenti nel procedere terapeutico.

Per poter identificare e valutare il panorama interiore dell’assistito e la presenza di distress esistenziale/spirituale alcuni studi suggerisconoun approccio narrativo flessibile come metodo appropriato per la comprensione dei bisogni spirituali dei pazienti, attraverso l’ascolto delle loro storie (autobiografia) e la verifica dei significati collegati. Per identificare i bisogni spirituali si fa ricorso alle tecniche dell’ascolto attivo e della comunicazione finalizzata alla relazione d’aiuto, con un approccio volutamente destrutturato; dall’altro si fa uso di strumenti standard come questionari formali e sistematici che permettono di raccogliere dati in modo più strutturato. Alcuni risultano più adatti a redigere screening iniziali o anamnesi mentre altri possono coadiuvare approcci più aperti per la valutazione.

In questi ultimi anni sono diversi gli strumenti redatti al fine di aiutare a condurre il colloquio tra professionista sanitario e paziente, aiutando l’operatore ad individuare i problemi e le risorse spirituali dell’assistito oppure per rendere piùintellegibile la materia.

Sono disponibili strumenti di anamnesi clinica che possono essere utilizzati per raccogliere e documentare informazioni cliniche.

In letteratura si riscontrano diversi strumenti di valutazione del bisogno spirituale ma poco è stato pubblicato sulle riflessioni in merito all’applicazione clinica e ai risultati ottenuti.

Tra gli strumenti utili all’esplorazione della dimensione spirituale o relativi alla valutazione del benessere spirituale possiamo ricordare

1. F.I.C.A. spiritual history tool (qualitativo)

2. Questionario HOPE (qualitativo)

3. FACIT-sp-Ex (quantitativo) Le tre scale in cui si suddivide danno informazioni sulla ricerca di senso, sulla pacificazione

e sul bisogno religioso.

4. SPIRIT (Sistema di credenze spirituali, Spiritualità personale, Rituali / restrizioni, Implicazioni sulla terminalità)

Gli strumenti di valutazione, seppur utili e di supporto ad una maggior chiarezza, da soli non possono valutare la complessità delle esigenze del paziente. Il vissuto spirituale e religioso rimane sempre molto personale. Le misure sulla religiosità/spiritualità in generale, avulse dal contesto, non portano a risultati significativi. I bisogni spirituali e non solo, possono essere identificati nel rapporto interpersonale, con un approccio che faciliti l’espressione delle singole esigenze, sospendendo ogni atteggiamento di giudizio. Tutto questo perché è difficile imbrigliare la dimensione spirituale in linguaggi definiti e in scale oggettivamente quantificabili.

Direttamente dalle parole della Saunders: “Noi continuiamo a imparare, ma tutta la sofferenza non può essere risolta con i farmaci o secondo i nostri desideri. C’è ancora molto da imparare sul dolore, ma puòessere trasformato nel tesoro dell’oscurità.

[...] Il dolore spirituale è una realtà che ci sfida.” (Cicely Saunders, Vegliate con me).

E sono molti che continuano, nella loro lunga storia professionale, a raccogliere questa sfida continuando a imparare e formare.

La dott.ssa Christina Puchalski, fondatrice e attuale direttrice del George Washington University’s Institute for Spirituality and Health (GWish) e docente di medicina presso la George Washington University di Washington DC, continua la sua attività di ricerca per aprire nuove strade nella comprensione e integrazione delle cure spirituali in ambito sanitario. “È importante integrare la cura spirituale nelle cure palliative perché la cura del corpo non può essere separata da quella dell’anima che fa parte a pieno titolo della cura medica”. (Lectio magistralis evento introduttivo al Convegno Nazionale La spiritualità nel fine vita, giugno 2019 - Prato)

E ancora F.Ostaseski, che dirige l’Hospice Zen di San Francisco di impostazione buddista, nel suo lavoro attribuisce alla spiritualità la parte centrale nell’accompagnamento al fine vita.

Così come in altre esperienze emergenti in Italia, es. l’”Hospice Tutto è vita” di Prato, dove la direzione che si sta percorrendo è quella di attribuire il nucleo centrale della presa in carico palliativa alla dimensione spirituale, come base per costruire l’intero progetto terapeutico.


Spiritualità e Covid-19

L'emergenza COVID ha rimesso al centro il valore delle relazioni nel contesto della malattia, e la desolazione che può portare una mancanza di relazione. D'altra parte al fine di rispettare le linee guida generali e di evitare ulteriori contagi ha prevalso in via emergenziale di fronte all’inaspettato una condotta di isolamento che ha portato alla riduzione/assenza delle visite giornaliere ai pazienti. Ma i bisogni dei pazienti andavano invece nella direzione di una maggiore umanità che ha messo fin da subito in evidenza la necessità di integrare l’approccio medico tecnico-scientifico con la presa in carico dei bisogni relazionali del soggetto, in special modo nelle fasi critiche o terminali della vita, dove la persona fa drammaticamente esperienza della propria finitezza evocando le domande di senso e il sentimento di connessione che sono aspetti propriamente dell’ambito spirituale. Come in precedenza sottolineato infatti la spiritualità è definibile come una parte complessa e multidimensionale dell'esperienza umana. “Ha aspetti cognitivi, esperienziali e comportamentali. Gli aspetti cognitivi o filosofici includono la ricerca di significato, scopo e verità nella vita e le credenze e i valori in base ai quali un individuo vive” (Puchalski 1998).

Se i benefici, in ambito clinico, dell'attenzione ai bisogni spirituali erano già stati indagati e confermati dalla letteratura scientifica, durante la pandemia nel nostro operare, essi hanno assunto una rilevanza importante ed urgente per i pazienti e i familiari. La nostra esperienza ha messo in luce come i pazienti e i loro cari che hanno potuto discutere delle preoccupazioni spirituali o religiose con un membro del team sanitario o un cappellano ospedaliero, hanno avuto maggiori probabilità di sentirsi accolti, compresi e ben curati e di essere stati aiutati a definire questa difficile esperienza in modo meno drammatico. Allo stesso modo questo aspetto ha migliorato la percezione degli operatori di aver potuto fornire una cura piu’ umana e una vicinanza di relazione maggiormente significativa. Riteniamo infatti che sia stato cruciale, nel rispetto di tutte le indicazioni e le norme, scegliere di garantire l’operato ai consulenti spirituali delle cure palliative e ai cappellani.

Cosa abbiamo imparato dalla precedente pandemia?

L’insorgere della pandemia in Ticino nel 2019, quello che è stato definito un “evento traumatico globale”,ha posto subito di fronte ai curanti una situazione nuova che è apparsa pericolosa ed inquietante. In pochi mesi ha messo a soqquadro le strutture ospedaliere e le routine di interi reparti che si trovarono confrontati con risorse insufficienti (cure intensive sotto dimensionate, posti letto e apparecchiature insufficienti, personale medico e infermieristico colto impreparato e cure palliative poco attivate) e con un carico di sofferenza importante, mettendo in gravi difficoltà il mondo sanitario. A questo si è unito l’isolamento in cui i pazienti, per la maggior parte anziani, si sono ritrovati ed a cui corrispondeva un isolamento dei familiari che non potevano accedere alle strutture per essere vicini ai loro cari. La novità della pandemia, l’aggressività del virus, e il crescente fenomeno di lockdown ha portato in prima linea tra i curanti i consulenti spirituali e i cappellani ospedalieri che si sono confrontati con la pandemia e con le sue caratteristiche di isolamento e chiusura; questo ha influenzato positivamente la visibilità dei consulenti spirituali e dei cappellani nella pratica sanitaria. Il grande bagaglio di esperienza accumulato in questa prima pandemia ha fatto sì che le successive ondate pandemiche siano state affrontate con maggiore consapevolezza e in maniera più serena: tutti i curanti erano a conoscenza dei protocolli di intervento medico-infermieristico ed il consulente spirituale veniva attivato nella presa in carico precocemente, sia per un sostegno emotivo/spirituale ai pazienti quanto per i familiari. La stessa percezione della malattia ha assunto caratteri meno evocativi nei pazienti che si sono trovati sostenuti nel percorso di cura da equipe sempre più “rodate” e specializzate. La presa in carico del paziente è divenuta sempre più interdisciplinare con un riconoscimento della dimensione spirituale come uno dei domini delle cure di qualità; è stato inoltre riconosciuto che un buon benessere spirituale e religioso poteva avere un effetto positivo sul controllo dei sintomi in pazienti Covid-19.


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17. Campione F., Per l’altro - Tempismo assistenziale, modalità di coinvolgimento e accoglienza del dolore nelle cure palliative - ASMEPA Edizioni - 2014

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21. Strategia cantonale di cure palliative. Documento operativo di riferimento, Bellinzona 2015

22. Christina M. Puchalski, The role of spirituality in health care – Bumc Procedings201; 14: 352-357

23. Christina M. Puchalski, Lectio magistralis - evento introduttivo - Convegno Nazionale La spiritualità nel fine vita, Tutto è vita, Prato, maggio 2019

La dimensione spirituale nelle cure palliative

Redatto da: Alessandra Moretto e Luigi Romano

Introduzione

Già dagli anni '90, i centri accademici di medicina, le scuole infermieristiche, i gli enti residenziali, gli ospedali hanno iniziato a riconoscere il ruolo delle cure spirituali come una dimensione delle cure palliative. Un corpus crescente di letteratura, così come l'attenzione della stampa ha aumentato la consapevolezza e le domande sul ruolo della spiritualità nell'assistenza sanitaria. I sondaggi hanno dimostrato che la spiritualità è un bisogno del paziente che influenza il processo decisionale dell'assistenza sanitaria e che la spiritualità influisce sui risultati dell'assistenza sanitaria, compresa la qualità della vita. Le credenze spirituali e religiose possono anche creare angoscia e aumentare gli oneri della malattia così come possono aiutare a lenire o dissipare le sofferenze.

Gli studi hanno sollevato questioni critiche e aiutato a dare risposte e maggior chiarezza in questo ambito, come la necessità di una definizione comunemente accettata di spiritualità, l'applicazione appropriata delle cure spirituali in contesti di cure palliative, chi dovrebbe fornire le cure spirituali, il ruolo delle cure sanitarie nelle cure spirituali e i modi per aumentare il rigore scientifico intorno alla ricerca e alla pratica della spiritualità e della cura spirituale. Questi interrogativi e l'attuale quadro di grande variabilità nelle proposte di cure spirituali come componente delle cure palliative hanno aumentato la necessità di definizione sempre più puntuale al fine di garantire un’assistenza di qualità.

Nella realtà sanitaria del Canton Ticino, può capitare entrando in un reparto di cure palliative, di imbattersi in una figura professionale, deputata alla cura spirituale di chi sta affrontando un percorso di malattia a prognosi infausta o di chi è alle prese con la parte finale della propria vita e con la realtà del morire. Queste esperienze di solito sconvolgono l’interezza della persona e di chi sta loroaccanto, scuotendo spesso sin alle fondamenta gli elementi costitutivi dell’essere.

Sempre più ricerche, convegni e linee guida hanno confermato l’importanza delle risorse spirituali per affrontare il percorso di malattia a prognosi infausta o per far fronte all’evento del morire. Oltre all'evidenza empirica e ai sempre maggiori contributi teorici, sono soprattutto l'esperienza del paziente e della famiglia che confermano un ruolo primario alla spiritualità e alla consulenza spirituale nella cura dei pazienti, in particolare quelli con malattie croniche e complesse a prognosi infausta. Le recenti linee guida cliniche riconoscono obbligo etico di tutti gli operatori sanitari di alleviare il dolore e la sofferenza, siano essi di natura fisica, psicosociale o spirituale.

Ma è l’approccio palliativo quello che maggiormente pone in evidenza la dimensione spirituale considerandola non solo una dimensione complementare ma in interazione con le altre tre influendo con sintomi somatici, reazioni psicologiche e relazioni sociali.

La sofferenza esperita in un letto d’ospedale, nelle parti finali della propria esistenza, non può essere gestita da un intervento a senso unico, poiché comporta un dolore esistenziale che ha a che vedere con sentimenti, pensieri, credenze ideologiche e soprattutto il rapporto con l’altro da sé: il mondo e il trascendente. È un tipo di dolore totale, che nelle cure palliative solitamente viene definito come sofferenza globale che investe l’interezza della persona nella sua sfera emotiva e psicologica, filosofica e spirituale.

L’impatto con una malattia grave a prognosi infausta riporta in modo progressivo o, in alcuni casi in modo fulmineo, alla provvisorietà dell’esistenza umana provocando il più delle volte uno sconvolgimento dei capisaldi su cui la persona ha costruito la propria vita. Tale sconvolgimento non attiene soltanto agli adattamenti, ai limiti e alle rinunce che la condizione di malattia impone bensì al confronto ineffabile e tangibile con tale prognosi che rende più vicina la realtà del morire. Il paziente, quando non nega o non si perde in mondi irrealistici, seppur più sopportabili, si trova a ridefinire, spesso molto in fretta le proprie aspettative, le proprie convinzionie la scala dei valori fondanti.

Tali circostanze, infrangono una quotidianità fatta di abitudini e di stili di vita, di progetti e di sogni che generano molto spesso crisi profonde inerenti la fragilità delle credenze personali, i valori esistenziali che hanno determinato scelte e condotte di una vita, il dubbio sul proprio credo religioso o sulla propria filosofia di vita.

La sofferenza spirituale 

Queste situazioni rappresentano una minaccia all’integrità della persona che può portare ad una condizione di sofferenza spirituale. “La sofferenza spirituale è una crisi nel senso di un cambiamento improvviso caratterizzato, tra l’altro, dal crollo dell’identità spirituale. Essa rimette in discussione i valori e la trascendenza sino allora vissuti e tronca ogni ricerca del significato della propria vita. Inoltre mette in dubbio il valore che il paziente attribuisce alla sua dignità.”

Al malato in cui si manifesta una crisi spirituale/esistenziale è fondamentale che un operatore competente possa fornire l’ascolto in un luogo adeguato econ il tempo necessario.

Durante questo ascolto è di massima importanza favorire un incontro intimo e profondo, dove il paziente possa sentire accolti i suoi bisogni spirituali o possa, insieme a chi lo accompagna, provare a definirli. Le aree che esprimono la sofferenza spirituale del malato sono molteplici e un intervento mirato deve saper individuare i bisogni spirituali soggiacenti.

Possono essere d’esempio:

Ricerca di significato della vita e delle esperienze vissute, ricerca di un senso a quanto accade nel presente

«Che senso ha la mia vita adesso? Perché proprio a me? Perché proprio adesso»?

Riconciliazione (perdonare séstesso, perdonare altri, sentirsi perdonati)

Di fronte a sentimenti di colpevolezza, d’incapacità ad accettare ciò che sta accadendo o di accettare il passato, attivare le risorse per riconoscere le parti positive della propria esperienza esistenziale e non focalizzarsi solo su quanto viene percepito come fallimentare.

Continuare a sperare (una speranza che non riguarda esclusivamente la possibilità di guarigione dalla malattia) 

Sentire degli alleati che possano agire affinché possa soffrire il meno possibile; possa non morire solo; condivisione sul fatto che continuerà a vivere nella mente di coloro che egli ha amato.

Prendere decisioni morali appropriate (decisioni etiche riguardanti la famiglia, gli affari, le situazioni irrisolte. Scelte circa le terapie, la sedazione).

Rispondere a interrogativi esistenziali.

Cosa accadrà alla mia morte? Cosa c’è dopo? Il dubbio del credente e del non credente.

Dire addio in maniera serena a persone, animali a cose e a progetti.

Di fronte a queste istanze il consulente spirituale opera in modo professionalmente orientato, fornendo il supporto adeguato a seconda dell’area di bisogno.

Di fronte a una perdita di significato si sosterrà nel collegare la situazione presente ai valori che sono sorgente di significato e ad una ricerca di senso del qui ed ora.

Si accompagnerà alla rilettura della vita passata per elaborare un bilancio di quanto si è vissuto e compiuto. Un nuovo sguardo per valorizzare ed accettare, con i limiti, il passato.

Rispetto alle scelte di natura morale, si procederà nell’aiutare la persona a comprendere la propria scala di valori.

Mentre per quanto concerne il saluto si faciliterà il paziente a condividere il proprio vissuto nei confronti delle persone con le quali ha condiviso la propria vita. Cio’ con un obiettivo benefico non solo per chi parte ma anche per chi rimane.


Bisogni religiosi

«Dio mi ha abbandonato; non riesco più a pregare; ... se quello in cui ho creduto non fosse vero? Non riesco più a celebrare il culto; da quando sono ricoverato/a non riesco piùad andare nella mia chiesa e ad incontrare la mia comunità»

Se la persona lo desidera, metterla in contatto con il proprio ministro di culto.

Riconciliazione, perdono divino, riti religiosi/sacramenti, letture, discussioni su Dio, l’escatologia o la vita eterna 

Tutte istanze che la persona esprime in fatti o parole.

Per poter operare in tal senso, è necessario che chi si occupa di assistenza spirituale, sappia coniugare l’incontro profondo con l’interiorità di chi porta questa sofferenza con la propria competenza nell’ambito spirituale. Ambito in cui, ogni tentativo di definizione, seppur necessario, pare non rendere fino in fondo,comese il cercare di definirlo fosse destinato a deludere e tradire il senso profondo dello scambio.

Ma che cosa si intende per spiritualità?

Il termine “Spirito” che nella sua etimologia ha a che fare con “respiro” e/o “soffio”, mira in tutte le filosofie a esprimere un quid che concerne la vita e le dà senso, qualcosa che anima, che vitalizza ciò che è materiale, fornendogli al tempo stesso significati e scopi. In tutta la moderna letteratura sulla spiritualità le definizioni che se ne formulano dicono in estrema sintesi che essa è l’insieme di ciò che è l’essenziale di quanto è compreso nel termine vita: riflessioni sulla sua origine (naturale o creata), il suo senso o destino, l’immanenza o trascendenza, la finitezza o l’eternità.

Il campo quindi è vasto e molto complesso e per propria natura poco esauribile con definizioninette. Anche i contesti della cura hanno cercato di dare una definizione di spiritualità, come ad esempio la Task Force Europea Spiritual care in palliative care, Utrecht, Olanda, 11 ottobre 2010, dove un’assemblea di 15 persone di diversi paesi hanno elaborato una definizione su cosa si intende per spiritualità.

“La spiritualità è la vita dinamica della vita umana che concerne il modo in cui le persone (individui e comunità) sperimentano, esprimono o cercano senso, scopo e trascendenza e il modo in cui si rapportano al momento presente, a séstessi, agli altri, alla natura, a Dio e a ciòche di significativo e/o sacro”. In questo senso la dimensione spirituale abbraccia le sfide esistenziali, i valori di base e le condotte da essi scaturite (etica e morale), i fondamenti religiosi.

Un altro esempio di definizione di spiritualità, emerso dal lavoro nelnostro ambito territoriale, è il documento Bigorio 2008, dove un insieme di esperti di diverse professionalità - medici, infermieri, consulenti spirituali, volontari – si è espressa in tal senso:

“La spiritualità compenetra ogni dimensione della persona. Essa riguarda la sua identità, i suoi valori, ciò che dà significato, speranza, fiducia e dignità alla sua esistenza e si esplicita nella relazione con sé stesso, con il prossimo e con quanto trascende la natura umana (Dio, l’Essere Supremo, il mistero ...). Appartengono a questo contesto anche le domande che nascono dalla malattia e dalla finitudine della vita e gli elementi di risposte individuali e collettive che rappresentano una risorsa per la persona malata. Pertanto, se la spiritualità è un elemento costitutivo dell’essere umano, appare impossibile, a livello teorico e pratico, racchiuderla in una definizione universale. La sua espressione è correlata al contesto personale, sociale e culturale di chiunque se ne occupi. La spiritualità non è una questione puramente religiosa. Ogni religione esprime, in riti strutturati e tradizionali, solo una parte della sfera spirituale. Nessuna però può ambire ad occuparla interamente.

Pur nelle differenze di queste definizioni sembra ci siaintesa nel collocare la spiritualità nella ricerca di senso dell’essere, ricerca che si esprime con domande universali (Da dove veniamo? Dove andremo e dove andiamo?) e che girano attorno all’ipotesi di un prima di un dopo,e dove si accosta l’elemento di senso alla trascendenza, a un aldiquà e a un aldilà.

Le religioni che da sempre hanno affrontato queste domande hanno tra esse in comune la convinzione di poter raggiungere le risposte a tali domande, di poter conoscere o partecipare al mistero del Principio o della Fine del Tutto. Ma il rapporto di tutte le civiltà, dell’umanità nella sua interezza, con il mistero e con la verità, con il terrore suscitato dal nulla e l’inquietudine delle domande a cui non si trovano risposte è mutato nella storia e oggi appare considerevolmente diverso.

Nel termine spiritualità trovano spazio un’infinità di concezioni differenti, talvolta anche contraddittorie. Assistiamo infatti ad una pluralità di visioni rispetto alla spiritualità e questo, ancor più oggi in un contesto multietnico, multiculturale e globalizzato che mettea confronto l’assolutismo della verità di un solo credo e genera spesso la diffusione di sistemi confessionali o di visioni teologiche/esistenziali nuove. In questa situazione di pluralità, ci si trova di fronte a diverse concezioni che distinguono una spiritualità confessionale di tipo religioso (determinata dall’adesione ad un particolare credo religioso) da un’altra che potremmo definire esistenziale.

Quando lo spirituale trova la sua sorgente e le sue risposte in una fede e si esprime attraverso un particolare sistema di credenze, simboli, riti, persone che fanno da mediazione tra Dio e l’uomo, possiamo parlare di spiritualità religiosa, che assume connotazioni specifiche a seconda del credo religioso in cui è inserita (religione cristiana, ebraica, induista, mussulmana...).

Le religioni incarnano sistemi storici che le varie culture umane hanno proposto come modello di relazione con la divinità.

Si tratta di una scelta rispetto ad una specifica religione storica, una dottrina definita e orientata, che offre ai credenti una scala di valori finalizzata a rispondere ai grandi interrogativi dell’umanità. Prevede sempre l’esistenza di una comunità che si sostanzia con l’appartenenza ad un gruppo che costituisce lo spazio adeguato per le celebrazioni rituali e le forme di sostegno materiale e spirituale. Inoltre la religione fa ricorso al linguaggio simbolico con ritualità che le sono proprie.

Quest’ultima può essere intesa come l’insieme delle convinzioni, dei valori e delle aspirazioni, che contribuiscono al tentativo dell’uomo di definire in modo unitario e lineare la propria vita, orientando attraverso le sue scelte e decisioni il suo modo di essere nei confronti della realtà. Ne consegue che la spiritualità, qualsiasi forma essa assuma, appare come una dimensione essenziale dell’uomo, che è al centro e fonda tutte le altre dimensioni fisica, psichica, affettiva della persona. Gli orientamenti valoriali, le domande sul senso della vita e della presenza al mondo, il rapporto personale con la trascendenza o la negazione di esso rientrano nella sfera spirituale.

Tutto ciò ovviamente può essere presente a diversi gradi di intensità durante tutta l’esistenza ma nella maggior parte dei casi, si accentua nei periodi di crisi e specialmente nella vicinanza alla morte.

Le risorse spirituali

Rendere possibile che l’esperienza dolorosa, un’infermità invalidante possano trasformarsi in momenti esistenziali di grande vitalità può’ accadere dove è possibile contattare e sostenere le risorse spirituali.

In queste condizioni di buio e disorientamento, non è raro che emergano nuove forze, nuovi modi per adattarsi alla condizione presente e che attingono alle risorse spirituali piùintime e personali. In molti casi, là dove si tocca in modo molto reale la fragilità, può trovare posto la capacità di reagire ricomponendo sotto nuova luce i pezzi di un’esistenza che viene riletta con significati che restituiscono il senso di una vita, di una scelta, di un credo.

Il senso di un accompagnamento spirituale sta proprio nel sostenere i personalissimi percorsi di ricerca e introspezione verso le proprie risorse interiori. Per far questo oltre ad una presenza rispettosa e delicata dell’altro è fondamentale la capacità di entrare in relazione con l’altro per dialogare ed aiutarlo a dialogare non solo con la propria paura ma con le pieghe della paura, non solo con la propria sofferenza ma con le pieghe della sofferenza per sostenere un percorso che accompagni nella sofferenza senza subirla o lasciarsene sopraffare.

Il benessere spirituale

Vista come uno spazio di relazione nell’ intimo della persona, la spiritualità può costituire o divenire una risorsa importante per il paziente. Non è raro che, in una situazione palliativa, i pazienti riscoprano il potere della spiritualità che spesso si esprime con:

- una speranza realistica che non sia solo desiderio o illusione;

- un significato attribuito all’ esistenza: le esperienze di vita, nei momenti belli o difficili, hanno o hanno avuto un senso;

- il riconoscimento della propria finitudine; il paziente può così accettare più facilmente i suoi limiti, portare a termine qualcosa di incompiuto e scrivere l’ultimo capitolo della vita;

- il credo in un’esistenza ultraterrena sia nella speranza della trascendenza dove la morte rivela un’altra realtà, un mistero cui il malato può affidarsi sia nel senso di trasmettere qualcosa a chi sopravvive: una testimonianza, un ricordo, qualcosa di materiale che costituisca una memoria.


RACCONTO di UN CASO

Come non esiste un'unica definizione di spiritualità così non è possibile racchiudere ed esemplificare in poche parole l’operato di un consulente spirituale. Ogni incontro, ogni relazione e ogni accompagnamento è unico ed irripetibile poiché nasce proprio dalla relazione tra due dimensioni spirituali che entrano in dialogo. Quello che resta nella memoria del consulente è un volto, una storia, delle emozioni e dei sentimenti ed un tratto di strada percorso insieme. Lea (nome di fantasia) era una paziente che giungeva dal suo domicilio, dove viveva con suo marito, un cane ed un gatto, nel reparto di cure palliative per impossibilità di gestione, scadimento delle condizioni generali e progressione della malattia (un adenocarcinoma intestinale metastatizzato).

Fondamentale nella presa in carico della paziente è stato l’approccio interdisciplinare cha ha coinvolto tutte le figure curanti. La raccolta dei dati e l’ascolto biografico hanno mostrato una paziente con un forte distress spirituale ed esistenziale riconosciuto come un “dolore globale” (Total Pain) senza un chiaro baricentro ma che coinvolgeva appunto tutte le quattro sfere esistenziali (fisica, psicologica, sociale e spirituale). Una maculopatia non curata le aveva ridotto quasi totalmente la vista dandole una sensibilità alla luce che le richiedeva di indossare sempre occhiali scuri. A causa delle metastasi epatiche Lea presentava sintomi come stanchezza, perdita di peso e di appetito, nausea, ittero e confusione mentale. Nel colloquio di accettazione in reparto Lea confida all’infermiera che ha paura e che le manca molto la sua musica, la compagnia del suo cane e del suo gatto. Avrebbe voluto pregare ma non ricordava più a memoria le preghiere e non riusciva più a leggerle. Avrebbe voluto tanto rivedere un film che aveva accompagnato la sua gioventù (Via col vento) e sentire ancora di poter donare qualcosa al mondo. La sua unica figlia vive lontana ed ha perso i contatti. Cosa ne sarà di me? Come potrò farmi perdonare? Sono le sue ultime parole consegnate all’assistente di cura prima di addormentarsi. Da questo esempio si può avere un’idea approssimativa della complessità del mondo spirituale di una persona e della necessità di un intervento interdisciplinare globale in cui sia inserita la presa in carico della dimensione spirituale.

In che cosa consiste questo accompagnamento?

Molto spesso oggi, nelle aree geografiche del Canton Ticino, dell’Italia, della Spagna e del Portogallo, l’attività dell’accompagnamento spirituale viene confusa o erroneamente sovrapposta alla figura del cappellano ospedaliero. Il servizio a cui spesso risponde è limitato al servizio sacramentale e risulta essere un servizio nella maggior parte dei casi, usufruito dai malati di fede cattolica. Nei paesi anglosassoni, invece, ormai da tempo l’assistente spirituale non coincide necessariamente col cappellano o con il pastore, ma è una persona con una preparazione specifica in questo ambito e che può operare a più ampio spettro. Alla base culturale di questo contesto, si ispira il mandato del consulente spirituale dei reparti palliativi attivi in Ticino, ovvero l’Unità di Cure Palliative di Bellinzona, il Reparto di Cure palliative dell’Ospedale Italiano di Lugano e i progetti di cure palliative integrate presso gli ospedali San Giovanni di Bellinzona, Civico di Luganoe l’ospedale di Locarno. All’esterno abbiamo il reparto di cure palliative geriatrico degli Istituti sociali di Chiasso e quello della Clinica Varini di Orselina e, per quanto riguarda la presa in carico domiciliare attraverso la collaborazione delle 4 sedi della Fondazione Hospice Ticino. In questi ambiti le competenze principali richieste a tale consulente sono: saper stabilire relazioni efficaci con i pazienti e i loro familiari, il personale o gli accompagnatori spirituali esponenti di confessioni religiose; essere in grado di identificare e rispettare il quadro in cui la persona vuole situare il proprio ‘dibattito spirituale’; saper operare una diagnosi spirituale della situazione vissuta dal paziente e di conseguenza approntare un piano di cura spirituale che potrà essere condiviso con tutti i professionisti dell’équipe curante; collaborare con i colleghi in caso di problematiche etiche emergenti nel procedere terapeutico.

Per poter identificare e valutare il panorama interiore dell’assistito e la presenza di distress esistenziale/spirituale alcuni studi suggerisconoun approccio narrativo flessibile come metodo appropriato per la comprensione dei bisogni spirituali dei pazienti, attraverso l’ascolto delle loro storie (autobiografia) e la verifica dei significati collegati. Per identificare i bisogni spirituali si fa ricorso alle tecniche dell’ascolto attivo e della comunicazione finalizzata alla relazione d’aiuto, con un approccio volutamente destrutturato; dall’altro si fa uso di strumenti standard come questionari formali e sistematici che permettono di raccogliere dati in modo più strutturato. Alcuni risultano più adatti a redigere screening iniziali o anamnesi mentre altri possono coadiuvare approcci più aperti per la valutazione.

In questi ultimi anni sono diversi gli strumenti redatti al fine di aiutare a condurre il colloquio tra professionista sanitario e paziente, aiutando l’operatore ad individuare i problemi e le risorse spirituali dell’assistito oppure per rendere piùintellegibile la materia.

Sono disponibili strumenti di anamnesi clinica che possono essere utilizzati per raccogliere e documentare informazioni cliniche.

In letteratura si riscontrano diversi strumenti di valutazione del bisogno spirituale ma poco è stato pubblicato sulle riflessioni in merito all’applicazione clinica e ai risultati ottenuti.

Tra gli strumenti utili all’esplorazione della dimensione spirituale o relativi alla valutazione del benessere spirituale possiamo ricordare

1. F.I.C.A. spiritual history tool (qualitativo)

2. Questionario HOPE (qualitativo)

3. FACIT-sp-Ex (quantitativo) Le tre scale in cui si suddivide danno informazioni sulla ricerca di senso, sulla pacificazione

e sul bisogno religioso.

4. SPIRIT (Sistema di credenze spirituali, Spiritualità personale, Rituali / restrizioni, Implicazioni sulla terminalità)

Gli strumenti di valutazione, seppur utili e di supporto ad una maggior chiarezza, da soli non possono valutare la complessità delle esigenze del paziente. Il vissuto spirituale e religioso rimane sempre molto personale. Le misure sulla religiosità/spiritualità in generale, avulse dal contesto, non portano a risultati significativi. I bisogni spirituali e non solo, possono essere identificati nel rapporto interpersonale, con un approccio che faciliti l’espressione delle singole esigenze, sospendendo ogni atteggiamento di giudizio. Tutto questo perché è difficile imbrigliare la dimensione spirituale in linguaggi definiti e in scale oggettivamente quantificabili.

Direttamente dalle parole della Saunders: “Noi continuiamo a imparare, ma tutta la sofferenza non può essere risolta con i farmaci o secondo i nostri desideri. C’è ancora molto da imparare sul dolore, ma puòessere trasformato nel tesoro dell’oscurità.

[...] Il dolore spirituale è una realtà che ci sfida.” (Cicely Saunders, Vegliate con me).

E sono molti che continuano, nella loro lunga storia professionale, a raccogliere questa sfida continuando a imparare e formare.

La dott.ssa Christina Puchalski, fondatrice e attuale direttrice del George Washington University’s Institute for Spirituality and Health (GWish) e docente di medicina presso la George Washington University di Washington DC, continua la sua attività di ricerca per aprire nuove strade nella comprensione e integrazione delle cure spirituali in ambito sanitario. “È importante integrare la cura spirituale nelle cure palliative perché la cura del corpo non può essere separata da quella dell’anima che fa parte a pieno titolo della cura medica”. (Lectio magistralis evento introduttivo al Convegno Nazionale La spiritualità nel fine vita, giugno 2019 - Prato)

E ancora F.Ostaseski, che dirige l’Hospice Zen di San Francisco di impostazione buddista, nel suo lavoro attribuisce alla spiritualità la parte centrale nell’accompagnamento al fine vita.

Così come in altre esperienze emergenti in Italia, es. l’”Hospice Tutto è vita” di Prato, dove la direzione che si sta percorrendo è quella di attribuire il nucleo centrale della presa in carico palliativa alla dimensione spirituale, come base per costruire l’intero progetto terapeutico.


Spiritualità e Covid-19

L'emergenza COVID ha rimesso al centro il valore delle relazioni nel contesto della malattia, e la desolazione che può portare una mancanza di relazione. D'altra parte al fine di rispettare le linee guida generali e di evitare ulteriori contagi ha prevalso in via emergenziale di fronte all’inaspettato una condotta di isolamento che ha portato alla riduzione/assenza delle visite giornaliere ai pazienti. Ma i bisogni dei pazienti andavano invece nella direzione di una maggiore umanità che ha messo fin da subito in evidenza la necessità di integrare l’approccio medico tecnico-scientifico con la presa in carico dei bisogni relazionali del soggetto, in special modo nelle fasi critiche o terminali della vita, dove la persona fa drammaticamente esperienza della propria finitezza evocando le domande di senso e il sentimento di connessione che sono aspetti propriamente dell’ambito spirituale. Come in precedenza sottolineato infatti la spiritualità è definibile come una parte complessa e multidimensionale dell'esperienza umana. “Ha aspetti cognitivi, esperienziali e comportamentali. Gli aspetti cognitivi o filosofici includono la ricerca di significato, scopo e verità nella vita e le credenze e i valori in base ai quali un individuo vive” (Puchalski 1998).

Se i benefici, in ambito clinico, dell'attenzione ai bisogni spirituali erano già stati indagati e confermati dalla letteratura scientifica, durante la pandemia nel nostro operare, essi hanno assunto una rilevanza importante ed urgente per i pazienti e i familiari. La nostra esperienza ha messo in luce come i pazienti e i loro cari che hanno potuto discutere delle preoccupazioni spirituali o religiose con un membro del team sanitario o un cappellano ospedaliero, hanno avuto maggiori probabilità di sentirsi accolti, compresi e ben curati e di essere stati aiutati a definire questa difficile esperienza in modo meno drammatico. Allo stesso modo questo aspetto ha migliorato la percezione degli operatori di aver potuto fornire una cura piu’ umana e una vicinanza di relazione maggiormente significativa. Riteniamo infatti che sia stato cruciale, nel rispetto di tutte le indicazioni e le norme, scegliere di garantire l’operato ai consulenti spirituali delle cure palliative e ai cappellani.

Cosa abbiamo imparato dalla precedente pandemia?

L’insorgere della pandemia in Ticino nel 2019, quello che è stato definito un “evento traumatico globale”,ha posto subito di fronte ai curanti una situazione nuova che è apparsa pericolosa ed inquietante. In pochi mesi ha messo a soqquadro le strutture ospedaliere e le routine di interi reparti che si trovarono confrontati con risorse insufficienti (cure intensive sotto dimensionate, posti letto e apparecchiature insufficienti, personale medico e infermieristico colto impreparato e cure palliative poco attivate) e con un carico di sofferenza importante, mettendo in gravi difficoltà il mondo sanitario. A questo si è unito l’isolamento in cui i pazienti, per la maggior parte anziani, si sono ritrovati ed a cui corrispondeva un isolamento dei familiari che non potevano accedere alle strutture per essere vicini ai loro cari. La novità della pandemia, l’aggressività del virus, e il crescente fenomeno di lockdown ha portato in prima linea tra i curanti i consulenti spirituali e i cappellani ospedalieri che si sono confrontati con la pandemia e con le sue caratteristiche di isolamento e chiusura; questo ha influenzato positivamente la visibilità dei consulenti spirituali e dei cappellani nella pratica sanitaria. Il grande bagaglio di esperienza accumulato in questa prima pandemia ha fatto sì che le successive ondate pandemiche siano state affrontate con maggiore consapevolezza e in maniera più serena: tutti i curanti erano a conoscenza dei protocolli di intervento medico-infermieristico ed il consulente spirituale veniva attivato nella presa in carico precocemente, sia per un sostegno emotivo/spirituale ai pazienti quanto per i familiari. La stessa percezione della malattia ha assunto caratteri meno evocativi nei pazienti che si sono trovati sostenuti nel percorso di cura da equipe sempre più “rodate” e specializzate. La presa in carico del paziente è divenuta sempre più interdisciplinare con un riconoscimento della dimensione spirituale come uno dei domini delle cure di qualità; è stato inoltre riconosciuto che un buon benessere spirituale e religioso poteva avere un effetto positivo sul controllo dei sintomi in pazienti Covid-19.


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